Vetrina
Firenze, il papà di Cataleya tenta suicidio in carcere, Piera Maggio: “Stesso dolore del 2004”
E’ stato portato in ospedale, dopo avere ingerito detersivi in carcere il papà della piccola Kataleya, scomparsa a Firenze
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Mentre a Firenze si continua a cercare Kataleya Mia Chicllo Alvarez, la bambina di origine peruviana di 5 anni della quale non si hanno più notizie dal primo pomeriggio di sabato 10 giugno, il padre, che si trova detenuto nel carcere fiorentino di Sollicciano (per reati contro il patrimonio), ieri ha tentato il suicidio dopo avere appreso della scomparsa della figlia.
La notizia è stata confermata da fonti vicine all’indagine: l’uomo – secondo quanto è emerso – avrebbe ingerito detersivo ed è stato poi portato in ospedale dove è stato sottoposto a lavanda gastrica.
“Il caso di ogni bambino che scompare è sempre doloroso e ieri, quando ho appreso la notizia, ho rivissuto quei momenti difficili di 19 anni fa a casa mia. Comprendo il dolore di quella mamma e le sono vicino col cuore”.
“Spero che tutto si possa risolvere nel più breve tempo possibile e la bimba venga ritrovata sana e salva”. Così ha commentato Piera Maggio (foto sopra), mamma della piccola Denise Pipitone, il caso della scomparsa della piccola Cataleya a Firenze.
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Cronaca
“Larimar è stata uccisa: sappiamo da chi, abbiamo fatto i nomi”: colpo di scena, le parole dellla mamma
La tragedia di Piazza Armerina: il mistero della morte della ragazzina e i sospetti dei familiari: “Sappiamo chi è stato”
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Un nuovo colpo di scena sul caso di Larimar Annaloro, la studentessa quindicenne trovata impiccata nel giardino della sua casa a Piazza Armerina. La madre, distrutta dal dolore, è convinta che non si tratti di un suicidio e afferma di sapere chi è il colpevole.
Durante un’intervista alla trasmissione Mattino 4, la donna ha rivelato dettagli inquietanti: “Mia figlia era stata minacciata di morte a scuola. Non posso fare nomi pubblicamente, ma abbiamo parlato con gli inquirenti e indicato i sospetti. Abbiamo fatto nomi e cognomi“. Secondo la madre, le modalità del ritrovamento sono incompatibili con un gesto volontario.
LEGGI ANCHE: Larimar, mistero che si infittisce: le “anomalie” prima della morte della 15enne
Ci sono anomalie che sollevano dubbi: le scarpe di Larimar erano pulite, nonostante il terreno; la stanza della giovane era a soqquadro, con indumenti sparsi ovunque. Inoltre, la madre ha denunciato la presenza di segni sospetti sul corpo: “Larimar è stata trovata in ginocchio, con i solchi sotto le ginocchia. Era già svenuta o morta prima di essere messa lì”.
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Non si esclude il coinvolgimento di adulti in una presunta rete di complicità. “Abbiamo buchi nella recinzione del giardino, è facile entrare. Non siamo qui da molto e stavamo sistemando la casa. Qualcuno ha approfittato della situazione”, ha detto.
La madre accusa anche la scuola: “Se qualcuno mi avesse avvisato delle minacce, non l’avrei mai lasciata sola. La scuola ha tanta colpa nella morte di mia figlia”.
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Cronaca
Larimar, mistero che si infittisce: le “anomalie” prima della morte della 15enne
Gli indizi, le ipotesi e il dolore di una famiglia in cerca di verità, con le circostanze del decesso che lasciano perplessi gli inquirenti
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Nel giardino di casa il corpo di Larimar, la quindicenne morta a Piazza Armerina, è stato trovato impiccato a un albero. Ma le circostanze della sua morte lasciano perplessi, anche gli inquirenti: la ragazza aveva infatti la vertebra cervicale intatta, le mani libere e segni di corda attorno a collo, addome e piedi.
Dettagli, gli ultimi, che sollevano ancora una volta nuovi dubbi sull’ipotesi di suicidio.
La madre, che ha scoperto il corpo, racconta di averla trovata in ginocchio, con un doppio cappio al collo. “Sembrava dormisse”, ha dichiarato. L’autopsia ha confermato i segni delle corde, ma altri elementi alimentano il mistero: le scarpe di Larimar erano pulite, nonostante avesse attraversato il giardino per raggiungere l’albero. (continua sotto la foto)
Il giorno della tragedia, la giovane era molto scossa dopo un litigio a scuola. Una compagna l’aveva accusata di avere una relazione con il suo ex, accusa confermata dal ragazzo davanti ad altri studenti.
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“È successa una cosa brutta”, aveva confidato Larimar alla madre prima di tornare a casa. Poco dopo, la tragedia. La Procura dei Minori di Caltanissetta indaga per istigazione al suicidio e ha sequestrato i cellulari di otto amici della ragazza, cercando di capire se la diffusione di foto intime possa aver giocato un ruolo.
Intanto, il padre esclude l’ipotesi del suicidio: “Era solare, piena di vita. La sera prima parlava di un viaggio in famiglia”. La famiglia, tramite la loro avvocata Milena Ruffini, sta conducendo indagini difensive. La preside della scuola non ha ancora risposto alle richieste di chiarimenti.
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Cronaca
Drammatico incidente a Messina: muore maestro di arti marziali
Perde la vita Eliseo Scarcella, 56 anni: diversi incidenti mortali in tre mesi nella città dello Stretto
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Ancora una tragedia sulle strade siciliane: nella serata di ieri, grave incidente quello avvenuto nella zona sud di Messina, sulla statale 114 al bivio di Santa Lucia sopra Contesse.
Lo scontro, violentissimo, ha coinvolto una moto e un’auto in via Giorgio La Pira, provocando la morte di Eliseo Scarcella, 56 anni, figura molto conosciuta nello sport messinese.
Scarcella, maestro di arti marziali e professore alla scuola “Pascoli Crispi”, è stato trasportato in ambulanza al Policlinico “Gaetano Martino”, dove è deceduto poco dopo l’arrivo.
Il conducente dell’auto è rimasto ferito in modo non grave ed è stato portato al Piemonte per le cure. La sezione infortunistica della polizia municipale sta indagando per chiarire le cause dello scontro.
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Questo dramma si inserisce in un tragico elenco di incidenti mortali a Messina, tre negli ultimi tre mesi.
Solo pochi giorni fa, il 18 novembre, Giuseppe Ingemi, 55 anni, è deceduto mentre guidava la sua Harley Davidson in via Garibaldi, nei pressi della fontana del Nettuno. La famiglia di Ingemi cerca ancora testimoni per fare luce sulla dinamica dell’incidente.
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Cronaca
Orrore in carcere, a Trapani: torture sui detenuti, 46 agenti indagati
Un’inchiesta svela un sistema di maltrattamenti nel reparto di isolamento del carcere Cerulli
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Undici arresti domiciliari e quattordici sospensioni dal pubblico ufficio sono le misure cautelari eseguite nei confronti di 25 agenti di polizia penitenziaria del carcere Pietro Cerulli di Trapani, accusati a vario titolo di tortura, abuso d’autorità e falso ideologico. Complessivamente, gli indagati nell’inchiesta sono 46.
Le indagini, avviate nel 2021, hanno portato alla luce circa venti casi di violenze su detenuti, molti dei quali con problemi psichiatrici o psicologici.
Gli abusi si sarebbero verificati nel “reparto blu“, oggi chiuso per carenze igienico-sanitarie. “In quel reparto, privo di telecamere fino a quel momento, si consumavano episodi di violenza sistematica, quasi un metodo per garantire l’ordine”, ha dichiarato il procuratore di Trapani, Gabriele Paci.
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Le testimonianze dei detenuti, integrate con immagini registrate dalle telecamere installate dagli investigatori, hanno documentato episodi inquietanti: detenuti costretti a spogliarsi, colpiti con getti d’acqua mista a urina e sottoposti a maltrattamenti di gruppo.
Il giudice per le indagini preliminari Giancarlo Caruso ha qualificato molti di questi atti come tortura.
L’inchiesta, condotta dal nucleo investigativo di Palermo, prosegue per far luce su tutte le responsabilità in questa drammatica vicenda.
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