Tre anni di reclusione. La corte di Cassazione ha confermato la pena a Massimiliano Mecozzi, medico di 62 di Pesaro per la morte del piccolo Francesco Bonifazi, bimbo di 7 anni – originario di Cagli in provincia di Pesaro e Urbino – ucciso da un’otite degenerata in encefalite.
Il piccolo rimase tre giorni in agonia e morì il 27 maggio del 2017 all’ospedale Salesi di Ancona dove arrivò in condizioni disperate.
Mecozzi curò il bimbo con rimedi omeopatici, la Cassazione ha respinto il ricorso
Mecozzi lo curò con i soli rimedi omeopatici. La suprema corte ha dunque respinto il ricorso presentato dal medico, dopo l’udienza che si è tenuta mercoledì scorso, confermando la pena inflitta in Appello.
Nel processo si sono costituiti parti civili il nonno del bambino, con l’avvocato Federica Mancinelli, e l’Unione Nazionale Consumatori, con l’avvocato Corrado Canafoglia supportato dai professori Matteo Bassetti ed Enrico Bucci: hanno sostenuto che la causa del decesso fosse riconducibile alla condotta di Mecozzi. Da indagini difensive dell’avvocato Canafoglia è emerso che la morte di Francesco, trattata con l’omeopatia, non sarebbe stato un caso isolato.
“Già nel 1991, in Nuova Zelanda e nel 2015 in Pennsylvania – riferisce il legale – altri due minori sono morti per infezione batterica all’orecchio trattata con l’omeopatia, evento evitabile se fosse stato somministrato un semplice antibiotico. Medesima vicenda si è verificata nel 2023 a Lecce dove un bambino di 14 mesi è deceduto sempre perché un medico ed i genitori non avrebbero somministrato medicinali antibiotici a favore di quelli omeopatici”.
Per i familiari si chiude una triste e dolorosa pagina
Per i familiari di Francesco si chiude una pagina dolorosa. “È stata definitivamente riconosciuta la verità – commenta l’avvocato Mancinelli – La famiglia si era rivolta a Mecozzi, medico regolarmente iscritto all’albo, per garantire a Francesco le migliori cure e mai avrebbero pensato e accettato che Mecozzi lo avrebbe curato disattendendo i dettami della buona prassi medica. Nessuno potrà colmare la loro perdita ma vedere confermata anche in Cassazione la condanna li porta a sperare che sia di monito in futuro e possa evitar che altri si trovino a vivere una tragedia come la loro”.
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