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Sicilia

Mafia, De Lucia: “Intercettazioni e 41 bis strumenti irrinunciabili”

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“Non devi chiedere cosa il tuo paese può fare per te, ma cosa tu puoi fare per il tuo paese. E’ un insegnamento che vale per tutti ed è un buon motto per progredire nella vita”.

E’ la celebre frase di John Fitzgerald Kennedy una delle prime pronunciate da Maurizio De Lucia, procuratore capo di Palermo, nell’incontro con gli studenti organizzato questa mattina al Gonzaga Campus di Palermo, nel corso del quale il magistrato ha interagito con la giovane e interessata platea rispondendo a delle domande sui temi del contrasto alla Mafia, della legalità e, ovviamente, sulla recente cattura del boss Matteo Messina Denaro.

E proprio nell’istituto in cui nel 1982 l’allora prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa tenne un dibattito con gli studenti sul rapporto tra corruzione e Mafia, idealmente quello di oggi costituisce un altro momento di rilievo per cementare nei più giovani la ricerca continua della legalità: “La Mafia avvelena la Sicilia e Palermo da oltre un secolo e mezzo – ha esordito De Lucia – E’ feroce, vigliacca, triste, dobbiamo saperlo e affrontarla tenendo conto di quello che c’è dietro. Il mancato sviluppo di questa terra è in gran parte dovuto alla Mafia. Poi possiamo discutere del mafioso, perchè ogni mafioso è una persona e come tale va rispettata. Quando li incontriamo questi uomini sembrano come noi, sono persone. Il loro stare insieme crea però un vero problema per tutta la società”.

Nel rispondere alla raffica di domande De Lucia ha spiegato ai ragazzi in cosa consiste il lavoro del magistrato, soffermandosi in particolare su quali siano le peculiarità del procuratore della Repubblica. Ha ricordato gli inizi della sua carriera, i trascorsi a Messina, poi la guida della Direzione Investigativa Antimafia e quindi l’attuale incarico: “Ho una certa specializzazione nella lotta alla mafia, se mi chiedete di diritto matrimoniale ho qualche lacuna”, ha scherzato – Quando parlo coi miei colleghi più giovani, dico che la professione magistrato va presa con estrema serietà, bisogna rimanere ironici e non prendersi sul serio a livello personale, ma sempre prendere sul serio questa professione”.

Molte domande si sono focalizzate sulla Mafia e su come sconfiggerla una volta per tutte: “Sono quattro i pilastri di contrasto a Cosa Nostra – ha elencato De Lucia – La cattura dei grandi capi dell’organizzazione mafiosa, evitare che questi possano continuare a comandare dal carcere, togliere loro i beni, evitare che si generi una nuova generazione di mafiosi”. Gli spunti offerti dalle domande hanno spinto la conversazione anche su temi di attualità, come per esempio quello legato alle intercettazioni e alla volontà del Governo Meloni e del ministro Nordio di porre un freno: “Non ho alcun dubbio sul fatto che le intercettazioni di oggi siano fortemente pervasive e penetrino nella vita delle persone, una volta si ascoltavano le conversazioni e oggi si entra dentro gli smartphone – ha commentato De Lucia, citando anche il film ‘Le vite degli altrì – La tecnologia odierna consente di entrare nella vita delle persone, ma questo strumento delle intercettazioni non è rinunciabile. Naturalmente deve essere gestito in maniera oculata, nei reati in cui è davvero importante, quando il valore delle informazioni tratte è superiore al disvalore di conoscere dei particolari della sfera privata, che comunque per legge non sono solitamente divulgati”.

Ragionamento analogo quello sul 41-bis, tema dibattuto negli ultimi giorni con il caso Cospito ma che riguarda anche Messina Denaro: “Oggi si parla tanto del 41-bis e della necessità secondo alcuni di rinunciarvi. E’ uno strumento irrinunciabile, perchè impedisce ai mafiosi di continuare a fare i mafiosi da dentro le carceri. E’ uno strumento non rinunciabile se si vuole fare seriamente la lotta alla Mafia, non è una pena ma tutela della collettività – ha aggiunto – Non è una pena in più, non si condanna a un’afflizione, questo regime deve servire a impedire che quell’uomo dal carcere continui a comandare. Non si tratta di fargli fare docce gelate o torturare, ma impedire che parlare con suo figlio, magari minorene, possa portare all’uccisione di qualcuno fuori dal carcere”.

E non è mancato da parte di De Lucia, che si è detto amareggiato per i tanti dettagli sulla vita privata del boss emersi sui media (“Non ha alcuna rilevanza sapere delle sue frequentazioni o dell’uso di taluni farmaci, ci hanno solo fatto vedere dal buco della serratura alcuni comportamenti del boss”), anche un pizzico di amarezza per le tante voci dissonanti che hanno espresso perplessità e avanzato dietrologie sulla cattura di Messina Denaro: “C’è una grande differenza tra il mondo in cui succedono le cose e il mondo in cui si dice possano succedere le cose. C’è tanta gente che per tante ragioni parla di altri mondi, ma un minimo di fondamento per le cose che accadono andrebbe riportato per dimostrare che le cose che si dicono possano essere accadute. Siccome io ho fatto l’indagine, e so come è stata fatta, potete fidarvi o no ma so chi e come ha catturato il latitante. Uno dei miei scopi da qui a qualche mese è di dare chiarezza su come sono avvenuti i fatti, con grande delusione di tutti quelli che credono che la terra sia piatta – ha attaccato – Questo è uno strano paese, dopo pochi minuti dall’arresto del latitante erano già iniziati i ‘murmuriì, si è pensato che si era fatto prendere, che non era più lui. Tutto ciò si può legittimamente pensare, ma lascia il tempo che trova. Come quando si vincono i Mondiali si pensa subito che qualcuno ha comprato la partita, non c’è un momento in cui questo paese sta unito e festeggia i suoi successi”.

“Parlare ai giovani della Mafia come una cosa seria è il senso di questo incontro – ha spiegato Padre Vitangelo Denora, direttore del Gonzaga Campus – I nostri ragazzi hanno voluto esprimere una solidarietà a questo momento storico, la loro partecipazione a un cambiamento. Speriamo davvero che questo atto sconfigga la Mafia, che si possa guardare a questa terra con sguardo diverso, che possa rinascere speranza nel futuro proprio con il protagonismo dei ragazzi”. (Italpress)

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Cronaca

Brutale rissa nel canile municipale di Palermo, cagnolina sbranata e uccisa: denuncia degli animalisti

“Consegnati audio e video per stabilire le responsabilità e gli errori commessi all’interno del canile municipale di Palermo”

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Drammatico episodio nel canile municipale di Palermo, dove una cagnolina è stata attaccata ed uccisa, al culmine di una brutale rissa, dagli altri animali presenti nella struttura. La denuncia arriva dalle associazioni animaliste palermitane. “Nel tardo pomeriggio di ieri, 20 Novembre, si è verificato un fatto gravissimo all’interno del canile municipale di Palermo. Un fatto – si legge nella nota delle associazioni – che potrebbe evidenziare gravi responsabilità da parte degli operatori del canile poiché avvisati da condomini delle liti accentuate all’interno del box”.

“Noi associazioni protezionistiche animaliste locali – si specifica – siamo state contattate da cittadini residenti nei condomini circostanti alla struttura comunale, che ci hanno prontamente riferito di una rissa in gabbia, il tutto correlato da video. Immediatamente abbiamo allertato l’amministrazione comunale e l’assessore Ferrandelli che in pochi minuti ha fatto arrivare al canile municipale il responsabile amministrativo e lo staff. Il personale comunale, il veterinario e gli addetti al servizio di cura degli animali hanno effettivamente constatato l’aggressione al cane in questione e soccorso l’animale”.

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“Abbiamo però, da Associazioni, ritenuto opportuno trasferire il cane in una clinica privata per cercare di stabilizzare l’animale sotto shock e tentare di salvarla. Purtroppo la cagnolina, Marika, l’avevamo così chiamata, è deceduta stamattina alle ore 6.15 am. Abbiamo già sporto denuncia alla sezione PG della polizia municipale, fornito audio e video in nostro possesso, per stabilire le responsabilità e gli errori commessi da tutti gli attori coinvolti nel lavoro all’interno del canile municipale di Palermo”.

“Stiamo fornendo il materiale ai nostri avvocati – proseguono gli animalisti – per una denuncia congiunta, evitando di esporre i particolari accaduti, poiché in qualche modo, si potrebbero inquinare le prove che attestano ne responsabilità del personale in servizio in quei momenti. Chiariremo quanto di nostra acquisita proprietà nelle sedi opportune, affinché non accada più quanto avvenuto e chiederemo vengano presi opportuni provvedimenti accertati i fatti”.

La nota è firmata dalle associazioni Ada Palermo, Lida Palermo, Enpa Palermo, Anima legale, Felici nella coda Onlus, Ridai la vita a un Rott odv, Sos primo soccorso Onlus, I canuzzi di Marzia e Maria Onlus, Balzoo Palermo, Rifugio lo scodinzolo, Leal sezione Palermo – Lav Palermo.

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Cronaca

“Larimar è stata uccisa: sappiamo da chi, abbiamo fatto i nomi”: colpo di scena, le parole dellla mamma

La tragedia di Piazza Armerina: il mistero della morte della ragazzina e i sospetti dei familiari: “Sappiamo chi è stato”

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Un nuovo colpo di scena sul caso di Larimar Annaloro, la studentessa quindicenne trovata impiccata nel giardino della sua casa a Piazza Armerina. La madre, distrutta dal dolore, è convinta che non si tratti di un suicidio e afferma di sapere chi è il colpevole.

Durante un’intervista alla trasmissione Mattino 4, la donna ha rivelato dettagli inquietanti: “Mia figlia era stata minacciata di morte a scuola. Non posso fare nomi pubblicamente, ma abbiamo parlato con gli inquirenti e indicato i sospetti. Abbiamo fatto nomi e cognomi“. Secondo la madre, le modalità del ritrovamento sono incompatibili con un gesto volontario.

LEGGI ANCHE: Larimar, mistero che si infittisce: le “anomalie” prima della morte della 15enne

Ci sono anomalie che sollevano dubbi: le scarpe di Larimar erano pulite, nonostante il terreno; la stanza della giovane era a soqquadro, con indumenti sparsi ovunque. Inoltre, la madre ha denunciato la presenza di segni sospetti sul corpo: “Larimar è stata trovata in ginocchio, con i solchi sotto le ginocchia. Era già svenuta o morta prima di essere messa lì”.

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Non si esclude il coinvolgimento di adulti in una presunta rete di complicità. “Abbiamo buchi nella recinzione del giardino, è facile entrare. Non siamo qui da molto e stavamo sistemando la casa. Qualcuno ha approfittato della situazione”, ha detto.

La madre accusa anche la scuola: “Se qualcuno mi avesse avvisato delle minacce, non l’avrei mai lasciata sola. La scuola ha tanta colpa nella morte di mia figlia”.

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Cronaca

Bellolampo, Palermo, e area industriale di Catania: nuovo Piano rifiuti per l’ok ai termovalorizzatori

Tra gli obiettivi del piano ci sono: il recupero del 65% dei rifiuti urbani, l’eliminazione dei trasferimenti dei rifiuti fuori Regione

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Due termovalorizzatori, uno a Palermo e uno a Catania, 31 impianti di compostaggio (14 nuovi, di cui 6 pubblici), 24 biodigestori (20 nuovi, di cui 11 pubblici), 16 piattaforme tutte pubbliche di selezione del recupero per la raffinazione (di cui 11 nuove) che sostituiranno e miglioreranno i vecchi impianti Tmb.

Lo prevede il nuovo Piano di gestione dei rifiuti discusso nel corso della seduta di giunta, convocata per oggi, 21 novembre, dal presidente della Regione Siciliana Renato Schifani.

Tra gli obiettivi del piano ci sono: il recupero del 65% dei rifiuti urbani, l’eliminazione dei trasferimenti dei rifiuti fuori Regione, la riduzione del 40% dei costi di trattamento rispetto a quelli attuali con un risparmio di circa 150 milioni annui, e la riduzione del conferimento in discarica depositando non oltre il 10% di tutti i rifiuti prodotti, rispettando così gli obblighi previsti dalla normativa europea.

L’approvazione del nuovo Piano rifiuti – dichiara il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani – costituisce finalmente il punto di partenza concreto per la realizzazione dei termovalorizzatori in quanto condizione indispensabile. Adesso passeremo alla fase della progettazione e al successivo appalto dei lavori e della gestione entro il 2025 e non oltre i primi mesi del 2026. Andremo avanti spediti, nell’interesse dei siciliani, senza indugiare mai su un pilastro portante del mio programma di governo. Archiviamo così definitivamente la stagione del conferimento in discarica sempre più gravosa per l’ambiente. Offriamo dunque una risposta integrata alla difficile situazione dei rifiuti in Sicilia che troppi oneri scarica sui cittadini e sui bilanci pubblici”.

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Il Piano approvato dal presidente Schifani, in qualità di Commissario, consente di modificare immediatamente i 18 Piani d’Ambito e di far partire il percorso per la realizzazione degli impianti di riduzione del conferimento in discarica dei rifiuti e l’eliminazione dei trasferimenti fuori Regione, con la drastica riduzione dei costi a carico dei cittadini siciliani, degli enti locali e della stessa Regione in relazione alla progressiva attuazione degli obiettivi di riciclaggio e recupero.

In particolare, i termovalorizzatori, le cui aree di realizzazione sono state già individuate nel sito di Bellolampo a Palermo e nell’area industriale di Catania dopo alcune conferenze di servizio con i principali enti coinvolti, saranno interamente pubblici e realizzati dalla Regione con i fondi già stanziati all’interno dell’Accordo di coesione siglato a maggio con la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

I due impianti avranno una capacità complessiva di 600 mila tonnellate annue e produrranno insieme una potenza energetica di 50 Megawatt. Il nuovo Piano arriva al culmine di un complesso procedimento che ha visto coinvolti l’Assemblea regionale siciliana, le autonomie locali, gli operatori d’ambito e ha ottenuto le valutazioni ambientali strategiche dopo lo svolgimento di tutti gli adempimenti istruttori.

In ultimo, qualche settimana fa il parere positivo del Cga sulla procedura da adottare che ha dato l’ok definitivo all’ordinanza per approvare il nuovo piano di gestione dei rifiuti.

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Larimar, mistero che si infittisce: le “anomalie” prima della morte della 15enne

Gli indizi, le ipotesi e il dolore di una famiglia in cerca di verità, con le circostanze del decesso che lasciano perplessi gli inquirenti

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Nel giardino di casa il corpo di Larimar, la quindicenne morta a Piazza Armerina, è stato trovato impiccato a un albero. Ma le circostanze della sua morte lasciano perplessi, anche gli inquirenti: la ragazza aveva infatti la vertebra cervicale intatta, le mani libere e segni di corda attorno a collo, addome e piedi.

Dettagli, gli ultimi, che sollevano ancora una volta nuovi dubbi sull’ipotesi di suicidio.

La madre, che ha scoperto il corpo, racconta di averla trovata in ginocchio, con un doppio cappio al collo. “Sembrava dormisse”, ha dichiarato. L’autopsia ha confermato i segni delle corde, ma altri elementi alimentano il mistero: le scarpe di Larimar erano pulite, nonostante avesse attraversato il giardino per raggiungere l’albero. (continua sotto la foto)

Il giorno della tragedia, la giovane era molto scossa dopo un litigio a scuola. Una compagna l’aveva accusata di avere una relazione con il suo ex, accusa confermata dal ragazzo davanti ad altri studenti.

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“È successa una cosa brutta”, aveva confidato Larimar alla madre prima di tornare a casa. Poco dopo, la tragedia. La Procura dei Minori di Caltanissetta indaga per istigazione al suicidio e ha sequestrato i cellulari di otto amici della ragazza, cercando di capire se la diffusione di foto intime possa aver giocato un ruolo.

Intanto, il padre esclude l’ipotesi del suicidio: “Era solare, piena di vita. La sera prima parlava di un viaggio in famiglia”. La famiglia, tramite la loro avvocata Milena Ruffini, sta conducendo indagini difensive. La preside della scuola non ha ancora risposto alle richieste di chiarimenti.

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