Messina Denaro, l’ultimo interrogatorio: “Falcone ucciso per maxiprocesso? Riduttivo…”

Le parole del boss mafioso nell'ultimo interrogatorio, registrato il 7 luglio scorso: i riferimenti e le "insinuazioni"

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“A me sembra un poco riduttivo dire che a Falcone lo hanno ucciso per la sentenza del maxi processo”. Erano state queste le parole del boss Matteo Messina Denaro nell’ultimo interrogatorio. La data era quella del 7 luglio scorso.

In quell’occasione venne interrogato dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dei pm Piero Padova e Gianluca De Leo e ha detto che gli inquirenti non hanno capito la vera origine della strage di Capaci.

“Voi magistrati vi siete accontentati che il giudice Falcone sia stato ucciso perché ha fatto dare 15 ergastoli al maxi processo?”, ha aggiunto il boss, come ha riportato il quotidiano La Repubblica . “Perché fa riferimento proprio alla strage Falcone?”, ha chiesto Guido. “Perché penso sia la cosa più importante, da dove nasce… quantomeno da dove nasce tutto“, ha risposto Messina Denaro.

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“Tutto cosa?” ha domandato allora Guido. “Le stragi, l’input – ha replicato il boss -. Sì, sì, questa strage…, tutto da là parte. Faccio un altro esempio: dopo non so quanti anni, avete scoperto che non c’entrava niente Scarantino e non mi riferisco a voi, è un plurale maiestatis… Ora la mia domanda è, me la pongo, diciamo, da scemo: perché vi siete fermati a La Barbera? Perché La Barbera era all’apice di qualcosa… ha capito cosa… il contesto?. E se La Barbera fosse ancora vivo, ci sareste arrivati o vi sareste fermati un gradino prima di La Barbera?”.

Il boss ha citato nell’ordine Vincenzo Scarantino, falso pentito della strage di via d’Amelio, e Arnaldo La Barbera, capo del pool incaricato di indagare sulle stragi di Capaci e Via D’Amelio sospettato di aver creato a tavolino i falsi pentiti Salvatore Candura, Francesco Andriotta e lo stesso Scarantino.

A quel punto Guido ha fatto notare al boss che “queste sono cose sulle quali noi ci aspettiamo delle risposte, non delle domande”. Ma Messina Denaro ha proseguito con i quesiti: “Perché in certe cose (i magistrati, ndr) si contentano e in altre cose no?”.

Durante l’interrogatorio, si è poi parlato del padre del boss, Francesco Messina Denaro. In particolare, Matteo Messina Denaro smonta le ricostruzioni giudiziarie in cui viene affermato che il genitore gli ha ceduto il comando quando era ancora vivo. “Una cosa che non ho mai sopportato è pensare che mio padre è stato descritto come il cameriere di qualcuno (dei corleonesi, specifica la Repubblica). E quindi mio padre cosa era il cameriere di queste persone o il mio cameriere? Mio padre era mio padre, fino a quando fu vivo, su questo non c’è ombra di dubbio. A un tratto con mio padre vivo, io rischio, comando tutto e lui mi diventa il cameriere della consorteria”, ha sottolineato il boss.

“Lei deve metterci nelle condizioni, e questo solo lei riesce a farlo, di ricostruire dei pezzetti di verità”, ha detto a questo punto Guido, ma Messina Denaro ha affermato: “Ascolti, dottore Guido, e veda che quello che sto dicendo è verità… tutti questi, chiamiamoli pentiti, che hanno detto, sì, qualche pezzo di verità, e hanno fatto fare dei processi, va bene, ma ognuno ha portato acqua al proprio mulino. E per farlo dicono cose che possono essere reali e coincidere con quello che cercate voi o con quello che interessa a voi, ben venga, giusto? Ma ci sono cose, però, che, per esempio, nessuno è mai arrivato, perché a me sembra un poco riduttivo dire che a Falcone lo hanno ucciso per la sentenza del maxi processo. Se poi voi siete contenti di ciò, ben venga, sono fatti vostri, ma la base di partenza non è questa… parlo di grandi cambiamenti”.

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