Cronaca
Palermo, incidente in zona stadio: auto si ribalta, due persone ferite
Violento scontro fra auto in zona stadio, a Palermo: auto si ribalta, due persone sono rimaste ferite e trasportate in ospedale
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Nasce da una intercettazione disposta nell’ambito di un’altra indagine il procedimento che ha portato a svelare un fiorente giro di droga nella “Palermo bene”. Punto nevralgico dello spaccio, in particolare di cocaina, un noto ristorante frequentato da big, esponenti politici, uomini dello spettacolo.
Tra i clienti che si rivolgevano ai pusher ci sarebbe stato anche l‘ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Micciché, che non risulta comunque indagato. Il nome dell’esponente politico, leader di Forza Italia, compare nell’ordinanza di circa 300 pagine della Procura. Le indagini hanno portato agli arresti domiciliari Mario Di Ferro, lo chef di Villa Zito, già fermato dalle forze dell’ordine a inizio aprile in flagranza di reato mentre cedeva sostanze stupefacenti sotto casa a un dipendente dell’Ars. Il ristoratore sarebbe stato protagonista di una intensa attività di vendita di cocaina a una selezionata clientela, attività che avrebbe svolto nel suo locale divenuto un luogo di spaccio.
Gli investigatori hanno accertato diversi episodi di cessione di droga che l’indagato avrebbe realizzato con l’apporto di altre persone come Gioacchino e Salvatore Salamone, già condannati per spaccio in un processo sui traffici dei clan mafiosi palermitani.
Di Ferro si sarebbe rivolto a loro per rifornirsi dello stupefacente e avrebbe anche usato tre suoi dipendenti come pusher.
I Salamone sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, mentre ai tre dipendenti di Villa Zito è stato imposto l’obbligo di firma. I provvedimenti sono stati disposti dal gip Antonella Consiglio, che ha convalidato le richieste della Procura di Palermo. A coordinare l’inchiesta il procuratore Maurizio de Lucia e il pm aggiunto Paolo Guido.
Già nell’aprile scorso Mario Di Ferro venne sorpreso a cedere cocaina all’ex funzionario dell’Ars Giancarlo Migliorisi, all’epoca nella segreteria tecnica del presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana Gaetano Galvagno.
Tra la facoltosa clientela dello chef, ci sarebbe anche Miccichè: secondo la Procura, infatti, sarebbero una trentina le cessioni di sostanza stupefacente tra l’esponente di Forza Italia, che al momento non risulta indagato e Di Ferro, quest’ultimo intercettato dagli investigatori. A insospettire gli investigatori, le conversazioni tra i due, “una sorta di ‘linguaggio in codice’ per ordinare gli stupefacenti facendo banalmente riferimento al numero di ‘giorni’ in cui il politico si sarebbe dovuto recare fuori sede”, si legge nell’ordinanza. Ad esempio Di Ferro domandava “ma quanto, quanti giorni sono?”, e Miccichè “che c… ne so io”.
“L’inverosimiglianza di alcune conversazioni riferite a presunti viaggi, nel corso delle quali è stato lo stesso Micciché a mostrarsi all’oscuro della sua partenza: Di Ferro ‘quanti giorni ti fermi fuori?’, e Micciché ‘dove?’“. In altri casi, secondo gli inquirenti, il linguaggio faceva riferimento al cibo, come quando Miccichè domandava “che mi mandi da mangiare”, e Di Ferro replicava, “ci penso io”.
Tra queste, ne spicca un’altra dove Di Ferro, che in quel momento si trovava in montagna ha fatto riferimento, “ironicamente ma anche eloquentemente, all’abbondanza di ‘neve’, e Micciché ha replicato chiedendo al proprio interlocutore ‘anche a casa mia? Hai notizie anche a casa mia? No?’, evidentemente alludendo alla possibilità di ricevere alcune dosi di ‘neve’”, si legge ancora nell’ordinanza. Numerosi scambi telefonici che, secondo quando ipotizzato dalle indagini, erano finalizzati all’acquisto degli stupefacenti da parte dello stesso Miccichè. Le intercettazioni fra Di Ferro e Miccichè sono iniziate per caso il 17 novembre 2022: i poliziotti ascoltavano lo chef.
Più volte l’esponente avrebbe così raggiunto, anche a bordo di una “Audi dotata di dipositivo lampeggiante sul tettuccio e guidata da un altro soggetto”, l’abitazione privata dello chef e anche Villa Zito per rifornirsi, immortalato dal sistema di videosorveglianza.
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Cronaca
Brutale rissa nel canile municipale di Palermo, cagnolina sbranata e uccisa: denuncia degli animalisti
“Consegnati audio e video per stabilire le responsabilità e gli errori commessi all’interno del canile municipale di Palermo”
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Drammatico episodio nel canile municipale di Palermo, dove una cagnolina è stata attaccata ed uccisa, al culmine di una brutale rissa, dagli altri animali presenti nella struttura. La denuncia arriva dalle associazioni animaliste palermitane. “Nel tardo pomeriggio di ieri, 20 Novembre, si è verificato un fatto gravissimo all’interno del canile municipale di Palermo. Un fatto – si legge nella nota delle associazioni – che potrebbe evidenziare gravi responsabilità da parte degli operatori del canile poiché avvisati da condomini delle liti accentuate all’interno del box”.
“Noi associazioni protezionistiche animaliste locali – si specifica – siamo state contattate da cittadini residenti nei condomini circostanti alla struttura comunale, che ci hanno prontamente riferito di una rissa in gabbia, il tutto correlato da video. Immediatamente abbiamo allertato l’amministrazione comunale e l’assessore Ferrandelli che in pochi minuti ha fatto arrivare al canile municipale il responsabile amministrativo e lo staff. Il personale comunale, il veterinario e gli addetti al servizio di cura degli animali hanno effettivamente constatato l’aggressione al cane in questione e soccorso l’animale”.
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“Abbiamo però, da Associazioni, ritenuto opportuno trasferire il cane in una clinica privata per cercare di stabilizzare l’animale sotto shock e tentare di salvarla. Purtroppo la cagnolina, Marika, l’avevamo così chiamata, è deceduta stamattina alle ore 6.15 am. Abbiamo già sporto denuncia alla sezione PG della polizia municipale, fornito audio e video in nostro possesso, per stabilire le responsabilità e gli errori commessi da tutti gli attori coinvolti nel lavoro all’interno del canile municipale di Palermo”.
“Stiamo fornendo il materiale ai nostri avvocati – proseguono gli animalisti – per una denuncia congiunta, evitando di esporre i particolari accaduti, poiché in qualche modo, si potrebbero inquinare le prove che attestano ne responsabilità del personale in servizio in quei momenti. Chiariremo quanto di nostra acquisita proprietà nelle sedi opportune, affinché non accada più quanto avvenuto e chiederemo vengano presi opportuni provvedimenti accertati i fatti”.
La nota è firmata dalle associazioni Ada Palermo, Lida Palermo, Enpa Palermo, Anima legale, Felici nella coda Onlus, Ridai la vita a un Rott odv, Sos primo soccorso Onlus, I canuzzi di Marzia e Maria Onlus, Balzoo Palermo, Rifugio lo scodinzolo, Leal sezione Palermo – Lav Palermo.
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Cronaca
“Larimar è stata uccisa: sappiamo da chi, abbiamo fatto i nomi”: colpo di scena, le parole dellla mamma
La tragedia di Piazza Armerina: il mistero della morte della ragazzina e i sospetti dei familiari: “Sappiamo chi è stato”
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Un nuovo colpo di scena sul caso di Larimar Annaloro, la studentessa quindicenne trovata impiccata nel giardino della sua casa a Piazza Armerina. La madre, distrutta dal dolore, è convinta che non si tratti di un suicidio e afferma di sapere chi è il colpevole.
Durante un’intervista alla trasmissione Mattino 4, la donna ha rivelato dettagli inquietanti: “Mia figlia era stata minacciata di morte a scuola. Non posso fare nomi pubblicamente, ma abbiamo parlato con gli inquirenti e indicato i sospetti. Abbiamo fatto nomi e cognomi“. Secondo la madre, le modalità del ritrovamento sono incompatibili con un gesto volontario.
LEGGI ANCHE: Larimar, mistero che si infittisce: le “anomalie” prima della morte della 15enne
Ci sono anomalie che sollevano dubbi: le scarpe di Larimar erano pulite, nonostante il terreno; la stanza della giovane era a soqquadro, con indumenti sparsi ovunque. Inoltre, la madre ha denunciato la presenza di segni sospetti sul corpo: “Larimar è stata trovata in ginocchio, con i solchi sotto le ginocchia. Era già svenuta o morta prima di essere messa lì”.
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Non si esclude il coinvolgimento di adulti in una presunta rete di complicità. “Abbiamo buchi nella recinzione del giardino, è facile entrare. Non siamo qui da molto e stavamo sistemando la casa. Qualcuno ha approfittato della situazione”, ha detto.
La madre accusa anche la scuola: “Se qualcuno mi avesse avvisato delle minacce, non l’avrei mai lasciata sola. La scuola ha tanta colpa nella morte di mia figlia”.
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Cronaca
Macabra scoperta: uomo trovato morto in casa con ferite alla testa
Indagini in corso nell’abitazione di via Lunetta, a Caltanissetta: nessuna pista è stata esclusa dagli inquirenti
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UNa tragedia, nella periferia est di Caltanissetta: in via Lunetta all’alba di questa mattina è stato trovato il cadavere di un uomo di 70 anni con profonde ferite alla testa, all’interno del suo appartamento.
L’abitazione, condivisa dall’anziano con alcuni familiari, è diventata il teatro di un’indagine complessa. Gli investigatori della squadra mobile sono giunti immediatamente sul posto per raccogliere elementi utili per ricostruire la dinamica dei fatti.
Sul luogo del ritrovamento sono intervenuti un’ambulanza del 118, la polizia e il medico legale. La polizia scientifica impegnata nei rilievi per cercare indizi che possano chiarire quanto accaduto.
Gli inquirenti, al momento, non escludono alcuna ipotesi: dall’incidente al gesto estremo, fino ad altre eventualità.
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Cronaca
“Prigioniera in casa”: arrestato a Palermo un uomo per violenze e minacce alla compagna
La vittima, segregata per mesi, ha trovato il coraggio di denunciare il suo aguzzino: le indagini e le rivelazioni
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Un uomo di 30 anni è stato arerstato a Palermo con l’accusa di aver segregato e maltrattato la compagna, una 29enne connazionale.
La donna, arrivata clandestinamente in Italia, sarebbe stata privata della libertà di movimento, dei contatti con l’esterno e persino del cellulare, vivendo mesi di paura e isolamento.
L’indagine è scaturita dalla denuncia presentata dalla vittima nel dicembre 2023, quando, approfittando di un momento di distrazione dell’uomo, la donna stessa è riuscita a chiedere aiuto in strada. Durante i due mesi di prigionia, la donna avrebbe subito violenze fisiche, abusi psicologici e ripetute minacce di morte, accompagnate dal timore costante di essere rimpatriata.
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Ogni tentativo di fuga era stato finora bloccato: l’uomo, ossessivo e possessivo, la ritrovava e la riportava a casa. Nemmeno l’allontanamento della donna in una struttura protetta aveva fermato le sue persecuzioni.
Il 30enne avrebbe cercato più volte di contattarla, promettendole una relazione felice in cambio del ritiro della denuncia. Di fronte ai rifiuti della vittima, l’uomo avrebbe reagito con una nuova aggressione fisica, che ha portato al suo arresto e alla reclusione nel carcere di Pagliarelli.
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