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Quattro donne hanno un malore in volo: aereo costretto ad atterraggio d’emergenza a Venezia
Quattro donne accusano “sintomi neurologici”: allarme rientrato, ma lo scalo registra ritardi. Ecco cosa è successo
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Un volo della British Airways partito da Londra e diretto a Sharm el Sheikh è stato costretto a un atterraggio di emergenza all’aeroporto di Venezia.
La decisione è stata presa dopo che quattro donne a bordo – si tratta di tre assistenti di volo ed una passeggera – hanno manifestato sintomi di un malore durante il viaggio.
Subito dopo l’atterraggio, i sanitari del 118 sono intervenuti per prestare soccorso alle quattro coinvolte, inglesi tra i 30 e i 40 anni d’età, che lamentavano lievi sintomi neurologici. Sul posto sono intervenuti anche i vigili del fuoco, che hanno transennato l’area attorno al velivolo per precauzione.
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Dopo le prime cure, i sanitari hanno escluso la presenza di contaminanti ambientali e quadri clinici gravi.
Le quattro donne, rassicurate sulle loro condizioni, hanno, però, anche rifiutato il trasferimento in ospedale per ulteriori accertamenti.
L’incidente ha provocato altri ritardi nelle operazioni dello scalo, con un volo easyJet proveniente da Londra Gatwick dirottato su Treviso. Le operazioni nell’aeroporto sono poi tornate regolari. (foto archivio)
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L’auto si ribalta e va a fuoco, due ragazze muoiono intrappolate: tragedia in Calabria
La vettura si è ribaltata ed ha preso fuoco: le vittime, una 17enne e una 18enne, in tre riescono ad uscire
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Un drammatico incidente, quello avvenuto alle 4 del mattino a San Pietro a Maida, in provincia di Catanzaro. Sono morte due giovanissime ragazze, una delle quali minorenne.
Le vittime, di 18 e 17 anni, si trovavano a bordo di una Mercedes con altri tre ragazzi, quando l’auto è uscita di strada, ribaltandosi e schiantandosi contro una quercia e alcuni alberi di ulivo.
Mentre i tre giovani, feriti e in stato di choc, sono riusciti a uscire dall’auto prima che prendesse fuoco, le due ragazze sono rimaste intrappolate all’interno. Nonostante i tentativi di soccorso, per loro non c’è stato nulla da fare.
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Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco del distaccamento di Lamezia Terme, che quando sono arrivati hanno trovato il veicolo completamente avvolto dalle fiamme. I tre superstiti, con ferite lievi e contusioni, sono stati trasportati in ospedale per accertamenti.
Nel frattempo, si attende l’esito dell’autopsia per chiarire se le giovani fossero già decedute al momento dello scoppio dell’incendio, causato probabilmente dall’impatto.
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Martina, 21enne accoltellata nel negozio dall’ex fidanzato: il drammatico racconto del padre
“Era un bravo ragazzo, non potevo immaginare che arrivasse a tanto”: ecco quanto ha raccontato il papà della studentessa
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“Non potevo crederci quando mi hanno detto che l’aggressore era il suo ex fidanzato. Quel bravissimo ragazzo che avevo conosciuto, non poteva essere arrivato a tanto“.
Sono state queste le parole di Carlo Voce, 58 anni, padre di Martina, la giovane italiana di 21 anni accoltellata in un negozio di Oslo dall’ex fidanzato, un 20enne norvegese di origini indiane.
Martina, in gravi condizioni, ha superato un collasso causato da emorragie, ma resta sedata e in prognosi riservata. Ha già subito due interventi e ne sono previsti altri, tra cui uno per le lesioni alle mani e alla testa. “Per fortuna, gli organi vitali non sono stati colpiti, ma il rischio maggiore ora sono le infezioni”, ha spiegato il padre.
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Il dramma si è consumato nel negozio dove Martina lavorava. Il 20enne è entrato all’improvviso e l’ha aggredita violentemente, colpendola più volte con un coltello. Due colleghi della ragazza, intervenuti per fermarlo, hanno evitato il peggio. L’aggressore è stato a sua volta ferito e ora si trova in coma.
Martina si era trasferita a Oslo nel 2022 e aveva iniziato una relazione con il giovane, un informatico.
“Era serio e gentile, forse un po’ possessivo, ma mai avrei immaginato una cosa del genere”, ha raccontato Carlo Voce. Dopo la fine della relazione, il ragazzo aveva mostrato segnali preoccupanti, come messaggi ossessivi inviati tramite email sconosciute.
Il padre aveva consigliato a Martina di denunciarlo, ma lei aveva preferito evitare, temendo di “rovinarlo”. “Mi diceva che avrebbe gestito la situazione, e in effetti non si era mai presentato sul posto di lavoro prima di quel giorno”, ha aggiunto il genitore.
“Con tutto il bene che gli abbiamo dato, non capisco perché ci abbia voluto fare così del male. Nulla può giustificare una violenza simile”, spiega Voce, incredulo.
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Stuprata dal branco, poi minacciata anche dalla famiglia: “Stai zitta, perché non t’ammazzi?”
Violenza, intimidazioni familiari e ’ndrangheta: una lotta solitaria per ottenere giustizia: le terribili scoperte degli inquirenti
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E’ accaduto tutto a Seminara, piccolo centro in provincia di Reggio Calabria. Due ragazze hanno subito uno dei peggiori orrori: violentate e umiliate da un branco di 16 persone, tra cui tre rampolli di ’ndrangheta, il figlio di un politico locale e il fidanzato di una delle vittime.
Gli abusi, filmati come trofei, hanno portato a numerosi arresti, inclusi quelli di tre minorenni.
Il caso ha scosso un po’ tutti, proprio per quanto è stato scoperto: la Procura di Palmi e quella per i minorenni, guidate da Roberto Di Palma, hanno chiesto l’arresto per tutti i responsabili. Il giudice per le indagini preliminari ha accolto le richieste, sottolineando la pericolosità di tre giovani che agivano “sganciati dalle regole del vivere civile“.
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Le indagini sono partite oltre un anno fa, quando gli investigatori, seguendo una pista legata alla ’ndrangheta, intercettarono via chat l’organizzazione degli stupri.
Da lì, un incubo senza fine: le vittime iniziarono a raccontare il loro dramma, ma una di loro ha dovuto affrontare un ulteriore calvario. I familiari cercarono di farla tacere, accusandola di aver “rovinato tutti”. “Devi stare muta”, le urlavano, arrivando a dirle “perché non ti ammazzi?”.
Nonostante le pressioni, le due ragazze hanno mostrato grande coraggio; una di loro, in particolare, ha resistito con fermezza. “È stata determinata e coerente nel suo racconto”, hanno dichiarato gli inquirenti. Le autorità, dopo, hanno garantito protezione costante alle vittime. Offrendo proprio quel supporto che, invece, in casa, a loro era mancato. O era stato letteralmente negato.
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La famiglia sterminata da monossido: verifiche su manutenzione della caldaia a Firenze
Sono morte tre persone, ed è in gravi condizioni anche una bimba: si indaga sulla manutenzione dell’impianto
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Nuovi dettagli emergono sulla tragedia di San Felice a Ema, Firenze, dove il 49enne Matteo Racheli, il figlio Elio di 11 anni e la compagna Margarida Alcione, 46enne di origine sudamericana, hanno perso la vita a causa di un’intossicazione da monossido di carbonio. La figlia più piccola, di appena 6 anni, lotta ancora in condizioni gravissime.
Le prime analisi indicano che la causa del decesso potrebbe essere legata alla caldaia dell’abitazione, installata nel 2019 nei locali della lavanderia.
Tuttavia, durante le verifiche, i vigili del fuoco non hanno trovato documenti che attestino le revisioni obbligatorie, pur rinvenendo la dichiarazione di conformità dell’impianto.
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Le indagini, coordinate dalla Procura di Firenze sotto la guida del pm Silvia Zannini, mirano a capire se la caldaia abbia subito malfunzionamenti o se ci siano state occlusioni nel sistema di aerazione. La canna fumaria è stata ispezionata per verificare eventuali problemi, poiché al momento dell’arrivo dei soccorsi la concentrazione di monossido era altissima.
Il prossimo passo sarà l’autopsia sulle salme per confermare le cause del decesso. Intanto, gli investigatori hanno sequestrato tutta la documentazione tecnica relativa alla caldaia per ricostruire se la manutenzione sia stata effettuata secondo le norme di legge.
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